Il primo trimestre del 2025 si apre con segnali contrastanti per il mercato globale dell’olio d’oliva. Secondo quanto emerge dal nuovo Report Q1 pubblicato da Certified Origins, tra i principali operatori internazionali nella distribuzione di olio extravergine italiano, l’Italia sta vivendo una fase particolarmente complessa: la produzione registrata per la campagna 2024, secondo stime eseguite nei primi tre mesi dell’anno in corso, è stata pari a circa 210.000 tonnellate, in calo del 36% rispetto alle oltre 328.500 tonnellate dell’annata precedente (2023-2024). Per la prima volta l’Italia scivola al quinto posto tra i produttori mondiali di oli di oliva, superata da Turchia (450.000 tonnellate, +109%), Tunisia (340.000 tonnellate, +54,5%) e Grecia (250.000 tonnellate, +42,8%); la Spagna si conferma largamente in testa con 1.450.000 tonnellate prodotte. Le condizioni meteo avverse, unite al ciclo di riposo degli ulivi e agli effetti della Xylella in alcune aree del Sud, hanno limitato la resa nazionale, mentre altri Paesi del Mediterraneo hanno saputo capitalizzare su annate favorevoli e investimenti strutturali. Chiude la classifica dei principali produttori il Portogallo il cui raccolto si stima intorno alle 195.000 tonnellate (+21,19%). A distinguersi è soprattutto la Tunisia, che ha beneficiato negli ultimi anni di una politica di incentivi e supporto al comparto agricolo, contribuendo ad aumentare la capacità produttiva e migliorare l’accessibilità dell’olio tunisino sui mercati internazionali, mantenendo un livello di prezzo competitivo rispetto a quello spagnolo. Segnali di espansione arrivano anche dalla Turchia che negli ultimi anni è stata capace di ritagliarsi un ruolo di rilievo a livello internazionale che verrà consolidato con molte probabilità dalla campagna di quest’anno. Nonostante il calo produttivo, l’Italia mantiene un ruolo centrale nella filiera internazionale. Come sottolinea il report, il Paese oltre ad avere una lunga tradizione agricola è anche un hub strategico per la lavorazione e il confezionamento di materie prime estere — un ruolo analogo a quello che ricopre anche in altri settori simbolo del Made in Italy, come la pasta, il caffè o il cacao — grazie a un’industria altamente specializzata e il know-how del personale italiano. A conferma anche i dati provvisori sull’import del 2024 rilasciati dalla Commissione Europea, che mostrano come oltre il 50% dell’olio d’oliva importato in Italia arrivi dalla Spagna, seguito da Grecia (20%), Tunisia (13%) e Portogallo (8%). Dopo la lavorazione, l’Italia esporta poi in tutto il mondo blend e oli mono-origine, compresi quelli di provenienza tunisina, spagnola, greca e portoghese, il tutto monitorato grazie al sistema SIAN (Sistema Informativo Agricolo Nazionale). Uno degli snodi cruciali per l’export nei prossimi mesi riguarda però il mercato americano. Dopo aver annunciato un ulteriore dazio del 20%, che sarebbe dovuto entrare in vigore dal 9 aprile 2025 su tutti i prodotti agroalimentari importati dall’Unione Europea, incluso l’olio d’oliva, gli Stati Uniti ne hanno poi annunciato la sospensione per novanta giorni. A pesare sulle esportazioni rimane il dazio universale del 10% già introdotto. Questa situazione di incertezza rischia di colpire direttamente le produzioni DOP e IGP italiane, da sempre simbolo di qualità e territorialità. Secondo i dati del report, nella stagione 2023/2024 gli Stati Uniti hanno importato oltre 362.000 tonnellate di olio d’oliva (+1% rispetto all’anno precedente). Il 66% di queste importazioni è coperto da Spagna (128.424 tonnellate, +9,8%) e Italia (113.135 tonnellate, +3%), seguite da Tunisia (56.366 tonnellate, +50%) e Turchia. L’Unione Europea resta quindi il principale fornitore, con una media annua di 252.000 tonnellate e un valore complessivo di 1,228 miliardi di euro, che nel 2024 ha raggiunto 2,077 miliardi di euro (+64,6%) nonostante una flessione nei volumi. Per quanto riguarda il comparto agroalimentare nella sua totalità, secondo gli ultimi dati dell’Unione Europea nel 2024 gli Stati Uniti hanno ricevuto il 13% delle esportazioni europee attestandosi così come seconda destinazione principale e quella ad aver registrato l’incremento maggiore rispetto all’anno prima (+12%): le olive e l’olio d’oliva hanno contribuito sostanzialmente a questi risultati contando per ben il 9% delle esportazioni. In generale, l’anno scorso il valore delle esportazioni di olive e olio di oliva europee ha raggiunto la cifra record di 7,2 miliardi di euro (+41%): in volumi questo si è tradotto in una crescita dell’8%. A contribuire ai risultati positivi anche l’aumento dei prezzi (+34%). "Il nostro report evidenzia segnali di trasformazione profonda nel settore, con nuove dinamiche produttive e commerciali che impongono riflessioni strategiche. L’eventuale applicazione dei dazi USA rappresenta una sfida concreta per le nostre filiere di eccellenza – commenta Giovanni Quaratesi, Head of Corporate Global Affairs di Certified Origins – Difendere la qualità, la tracciabilità e l’identità dei prodotti italiani sarà essenziale per rimanere competitivi in un contesto internazionale sempre più volatile. Sarà inoltre fondamentale il dialogo con i fornitori e le catene di distribuzione per trovare il giusto equilibrio in questo quadro così sfidante che cambia molto velocemente, e che non sembra vedrà una risoluzione nel breve periodo".